By Fabiana Ceravolo
Di fronte agli avvenimenti attuali di degrado ambientale, di guerra, di terrorismo, della cultura dello scarto e dell’indifferenza, di una politica che sembra aver smarrito il compito di amministrare il Bene Comune per tutti i cittadini e non per pochi eletti, una Chiesa che fa difficoltà ad uscire e raggiungere le periferie, vogliamo porci una domanda: può la spiritualità, di fronte a tutto questo malessere, apportare la guarigione a questa nostra casa comune? E se sì: come?
Prima di tutto dobbiamo considerare che qualsiasi
spiritualità si fonda su una teologia e un’antropologia specifica, ossia su un
modo di vedere e concepire l’essere umano. Papa Francesco ci mostra, nel primo
capitolo dell’Enciclica “Laudato sì”, come un tipo di teologia portata avanti
fino ad oggi non è riuscita a venire in aiuto nella formazione di una struttura
societaria aperta alla cultura della Pace e ad una ecologia integrale, in
quanto non incarnata alla realtà attuale. La visione dualista, oppositiva e
frammentaria ha portato a una separazione e
frammentazione interna all’essere umano stesso e conseguentemente a una
separazione dall’altro e dal trascendente.
Oggi ci troviamo in fase di cambiamento: la teoria
oppositiva/dualista sta al suo tramonto, e assistiamo al sorgere del paradigma
della complessità. Si passa da una visione dove la realtà, viene letta e
interpretata a partire da un singolo elemento (teoria oppositivo-frammentaria),
ad un approccio eco-sistemico dove la realtà va vista e compresa in un insieme
di connessioni e interdipendenze[1].
Nell’enciclica “Laudato sì”, papa Francesco ci mostra come
tutto è in connessione, tutto è in relazione e in questa relazione di
reciprocità ci esorta ad assumere uno sguardo contemplativo: «Poiché tutte le
creature sono connesse tra loro, di ognuna dev’essere riconosciuto il valore
con affetto e ammirazione, e tutti noi esseri creati abbiamo bisogno gli uni degli
altri» (n° 42). Da notare l’espressione di papa Francesco: tutti noi esseri creati, a significare che non solo l’essere umano,
ma tutto il creato è in relazione di reciprocità.
A partire dal nuovo paradigma, quello dell'approccio eco-sistemico sostenibile, possiamo vedere come tutto è in connessione, tutto è in relazione e, in questa relazione di reciprocità, assumere uno sguardo contemplativo, ossia uno sguardo capace di vedere la realtà nella sua complessità, ma anche nelle sue varie connessioni e correlazioni, dove un piccolo gesto può apportare un cambiamento lontano da noi. Decade così una visione teologico-antropocentrica, che considera l'essere umano al centro, padrone e superiore al creato, a favore di una visione cosmica dove l'essere umano è visto parte del cosmo, in cui è chiamato a divenire custode e amministratore responsabile. Questa visione richiede un cambiamento di mentalità, ossia una metanoia.
Quando si considera l’essere umano nella sua totalità,
integralità e unicità personale, intellettuale, emozionale, corporea, sociale,
culturale, psichica e spirituale, in correlazione alla totalità del mondo e
della vita [6] allora ci si rende responsabili per tutto ciò che è stato creato. Questo è
quanto ci ricorda Papa Francesco nel capitolo primo dell’enciclica “Laudato
sì”: «Un’ecologia integrale è fatta anche di semplici gesti quotidiani nei
quali spezziamo la logica della violenza, dello sfruttamento, dell’egoismo.
Viceversa, il mondo del consumo esasperato è al tempo stesso il mondo del
maltrattamento della vita in ogni sua forma» (n°230).
Papa Francesco, attraverso la sua visione teologica, nel
secondo capitolo dell’enciclica, intitolato “Il Vangelo della creazione”, ci fa
comprendere dove si trova il punto su cui lavorare per poter guarire la nostra
Madre Terra: le relazioni dentro di noi. Infatti, nei racconti della creazione vediamo
che esistono tre relazioni fondamentali: con Dio, con il prossimo e con la
terra, relazioni che, secondo la Bibbia, sono presenti in noi stessi. Infatti,
secondo un approccio eco-sistemico, l’essere umano è chiamato a fare unità in sé
stesso e partendo da questa unità crea unità con il prossimo, con Dio e la
terra. Solo sanando la relazione che abbiamo spezzato dentro di noi, saremo in
grado di sanare la relazione con il prossimo, Dio e la terra, agendo a favore
della nostra casa comune in modo consapevole e responsabile. Qui è interessante
domandarsi: “Che tipo di rapporto io ho con me stesso?”, perché il rapporto che
avremo con noi stessi lo avremo anche con gli altri; se saremo molto rigidi con
noi stessi lo saremo anche con gli altri.
Dobbiamo imparare ad avere uno sguardo contemplativo che ci aiuti a vedere che tutto è interconnesso, così come ci invita papa Francesco: “Se guardiamo in modo superficiale, al di là di alcuni segni visibili di inquinamento e di degrado, sembra che le cose non siano tanto gravi e che il pianeta potrebbe rimanere per molto tempo nelle condizioni attuali.
Questo comportamento evasivo ci serve per mantenere i nostri stili di
vita, di produzione e di consumo. È il modo in cui l’essere umano si arrangia
per alimentare tutti i vizi autodistruttivi: cercando di non vederli, lottando
per non riconoscerli, rimandando le decisioni importanti, facendo come se nulla
fosse” (Laudato sì, n°59), perché avere uno sguardo contemplativo è il punto
centrale per un cambiamento di stile di vita, per un cambiamento etico, quello
stesso cambiamento che abbiamo visto in Francesco d’Assisi.
Dunque, il punto centrale da cui
partire per poter cambiare la situazione attuale è avere la consapevolezza che
tutto è in relazione, connessione e che ne sono responsabile; è questo sguardo
che ci fa divenire agenti di trasformazione della realtà che ci circonda con
responsabilità e giustizia.
Fondamentale è dare l’esatta lettura al testo presentato da Genesi 1,28: “[…] riempite la terra, rendetevela soggetta, dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e sopra ogni animale che si muove sulla terra”. Infatti, bisogna considerare il termine dominate non come sottomettere, soggiogare e manipolare, ma come prendersi cura, custodire. L’atto creativo di Dio è pedagogico, ossia donando la libertà all’essere umano, Dio si è posto Lui stesso come custode e non come dominatore: Dio non toglie l’autonomia all’essere umano e non spadroneggia sulle sue creature.
TEOLOGIA INCARNATA
Bisogna partire dal fatto che Dio
stesso è unità relazionale, come ci ricorda la teologia trinitaria, per
comprendere che anche il mondo, creato sul modello trinitario, è unità
relazionale. Possiamo così dire che nel cuore del mondo c’è il Cristo cosmico:
«Una Persona della Trinità si è inserita nel cosmo creato, condividendone il
destino fino alla croce. Dall’inizio del mondo, ma in modo particolare a
partire dall’incarnazione, il mistero di Cristo opera in modo nascosto
nell’insieme della realtà naturale, senza per questo ledere la sua autonomia» (Laudato
sì, n°99) e ha lasciato la sua presenza attraverso l’Eucarestia che è «[…] come
atto d’amore cosmico […] L’Eucarestia unisce il cielo e la terra, abbraccia e
penetra tutto il creato» (Laudato sì, n°236).
In questa prospettiva di unità
relazionale tutte le creature danno lode a Dio e l’essere umano se ne fa voce,
con responsabilità sapendo che: «Ogni creatura ha la sua propria bontà e la sua
propria perfezione […] riflettono, ognuna a suo modo, un raggio dell’infinita
sapienza e bontà di Dio. Per questo l’uomo deve rispettare la bontà propria di
ogni creatura, per evitare un disordine delle cose». Così anche la creazione,
come sottolinea papa Francesco: «accanto alla rivelazione propriamente detta
contenuta nelle Sacre Scritture» (Laudato sì, n°85) si può considerare una
rivelazione di Dio. Questo principio fondamentale ci mostra la responsabilità
che l’essere umano ha nei confronti della creazione in quanto ne fa parte,
essendo lui stesso terra e costituito dagli elementi del cosmo (Laudato sì, n°2).
Dunque, la corresponsabilità e la
correlazione ci apre alla consapevolezza che abbiamo bisogno l’uno dell’altro e
ci aiuta a recuperare la vulnerabilità dell’essere umano come aspetto centrale
della visione cristiana e etica: ciò che manca è supplito dall’altro.
Necessitiamo di una teologia incarnata, ossia, che si
confronti con la realtà attuale, che si confronti con la novità dell’oggi, che
si metta in ascolto. E dunque una spiritualità che nasca da uno sguardo
diverso, una capacità profonda di guardare dentro la realtà e vederla con uno
sguardo nuovo.
Possiamo concludere dicendo che la spiritualità può sanare e
guarire la nostra casa comune nella
misura in cui ogni essere umano si pone difronte ad essa con responsabilità,
capace di scardinare la propria mentalità frammentaria e oppositiva e con uno
sguardo contemplativo, che sappia vivere relazioni di reciprocità, entrando in
una logica di dono reciproco per la costruzione di una cultura della pace.
[1] cfr. M. C.
Moraes, Pensamento eco-sistemico:
educaçao, aprendizagem e citadania no seculo XXI, Vozes, Petropolis-Rj- -
RJ- 2004.
[2] Francesco d’Assisi, Testamento 1, in Fonti Francescane Editio Minor.
Scritti e biografie di S. Francesco d’Assisi, Cronache e altre testimonianze
del primo secolo Francescano. Scritti e biografie di S. Chiara d’Assisi,
Francescane, Padova 1986, 110, 66.
[3] cfr. J.-Y. Leloup – L. Boff, Terapeutas
do deserto. De Filon de Alexandria e Francisco de
Assis a Graf Dürckheim,
Vozes, Petropolis-Rj- 2008.
[4] Ibidem.
[5] cfr. E. Morin, La testa ben fatta: riforma dell’insegnamento e
riforma del pensiero, Raffaello
Cortina, Milano 2000.
[6] cfr. E. Morin, I sette saperi necessari all’educazione del futuro, Raffaello Cortina, Milano 2001.